L’integrazione socio-culturale delle famiglie immigrate
L’attuale realtà italiana è una fotografia di visi, accenti e storie di vita differenti. I nuclei familiari da cui è composta hanno spesso origini altrove, ma conducono la loro vita nel nostro paese e sovente programmano di trascorrere qui il loro futuro.
La sosta degli immigrati si popola continuamente di nuove presenze: arrivano i coniugi e i figli rimasti fino a quel momento in patria; altri bambini nascono nel paese di immigrazione. Da iniziativa di individui singoli, l’immigrazione diventa dunque familiare, ponendo così interrogativi e necessità di tipo nuovo.
Si rende necessaria una politica di integrazione socio-culturale che si occupi con competenza dei nuovi soggetti sociali e delle relazioni tra essi e i servizi per tutti.
Relazioni interne ed esterne
Dal punto di vista delle relazioni interne, la famiglia immigrata stabilisce di volta in volta ciò che costituisce il nucleo irrinunciabile dell’identità e ciò che invece può essere migliorato, abbandonato o adattato al nuovo contesto.
Dal punto di vista delle relazioni con l’esterno, invece, i comportamenti e le abitudini del nucleo immigrato rendono evidenti differenze e analogie e possono portare, a seconda dei casi, a stabilire alleanze o, viceversa, a suscitare confronti, interrogativi, scontri.
L’importanza del nucleo di appartenenza
Un errore che si può compiere nella relazione con il nucleo immigrato è quello di considerare individualmente ciascun soggetto, con le proprie necessità e le proprie scelte, staccato dalla storia e dalle reti familiari.
Al contrario, i progetti del migrante originano, si organizzano e si compiono ancorandosi alle aspettative, ai bisogni, alle promesse fatte al nucleo di appartenenza.
Tener conto di questo significa considerare le storie individuali all’interno della ricchezza e dei vincoli relazionali della famiglia e del gruppo di cui fanno parte.
Un microcosmo di legami e storie
Ogni famiglia immigrata costituisce un microcosmo fatto di legami e storie, affetti ed eventi.
Le differenze fra nucleo e nucleo sono moltissime, così come diversi sono i progetti, le condizioni di vita e le modalità di relazione con i servizi e il territorio.
Scenari diversi tra loro e mondi affettivi peculiari accompagnano e sostengono le persone nei loro viaggi e nella loro identità.
Evidenziare i legami
Anche se la letteratura ha permesso di riscoprire la centralità della dimensione relazionale nel processo migratorio, la matrice individualistica di molti studi è rimasta a lungo molto forte.
Evidenziare i legami degli stranieri significa invece poter allargare la prospettiva di analisi alla famiglia.
La famiglia come “ponte”
Ogni processo di acculturazione e di socializzazione deve infatti fare i conti con l’organizzazione familiare dei suoi componenti.
E’ fondamentale la loro capacità di trattare le differenze, accogliere elementi del nuovo contesto sociale e culturale, integrarli con i preesistenti sistemi di valori o respingerli dal proprio universo di riferimento simbolico.
A seconda dei casi, la famiglia può diventare un ponte tra il migrante e la nuova cultura ma anche una roccaforte all’interno della quale gli spazi di dialogo tra le diverse appartenenze vengono meno.
L’approccio relazionale-simbolico
Secondo l’approccio relazionale-simbolico (Scabini e Cigoli, 2000) la famiglia è quello specifico e unico gruppo sociale che tratta e tiene insieme le differenze originarie dell’umano, quelle tra generi e tra generazioni, e che ha come obiettivo intrinseco la generatività.
La famiglia come zona di frontiera
Le famiglie migranti si muovono in una dimensione spazio-temporale che è al confine, in una zona di frontiera.
Si trovano tra le istanze della società di accoglienza e della società di origine. Tra due o più lingue, ciascuna con il suo portato simbolico. Tra diversi tempi e luoghi. Tra sistemi di valori diversi che le interrogano e le mettono in discussione o arricchendole, oppure irrigidendole o confondendole.
La complessità della famiglia migrante
La complessità della famiglia migrante si esprime nella molteplicità dei percorsi di costruzione di un primo nucleo familiare e del rapporto tra questo e gli iter migratori dei suoi membri.
Tali processi incidono notevolmente sulla composizione della famiglia, sulle relazioni di coppia e tra le generazioni.
Il ricongiungimento
La migrazione mette in gioco in modo prepotente il tema della cura dei legami tra chi rimane, chi parte e chi nasce altrove.
Per questa ragione, un evento cruciale è rappresentato dal ricongiungimento: qualunque sia la modalità dell’arrivo, la ricomposizione del nucleo spezzato dalla migrazione rappresenta un evento cruciale per tutti i soggetti.
Una tappa decisiva
Esso modifica gli equilibri precedenti, mette a confronto aspettative e attese, richiede a ciascuno di ridefinirsi e di ridefinire ruoli e relazioni in un nuovo contesto.
Ricominciare a vivere insieme nel paese di immigrazione rappresenta una tappa decisiva nella storia familiare. Occorre affrontare trasformazioni importanti riguardanti aspetti giuridici, sociali, economici, psicologici e progettuali.
Le caratteristiche delle famiglie immigrate
Evidenzio qui di seguito alcune peculiarità delle famiglie immigrate (Favaro, 2004).
L’assenza della generazione degli anziani
Ciò può implicare un impoverimento relazionale e affettivo sia per gli adulti, sia per i bambini.
Ai primi viene a mancare il confronto quotidiano con la generazione precedente, mentre i secondi perdono la possibilità di accedere facilmente a racconti, memorie e tradizioni utili nella creazione e nel mantenimento di legami intrafamiliari profondi.
Una diffusa presenza di nuclei monogenitoriali
I nuclei monogenitoriali sono prevalentemente composti da madri sole, con almeno un figlio minore.
Le madri rappresentano pertanto, nella maggior parte dei casi, il genitore di riferimento.
La frequente coabitazione fra fratelli, sorelle, cugini
Essi, oltre a condividere l’alloggio, si organizzano per fornirsi reciproco aiuto e collaborare alla cura dei più piccoli.
Essere genitori in una nuova realtà
La migrazione chiede ad adulti che hanno radici altrove di essere padri e madri nei luoghi di accoglienza, che possono rimanere a lungo, per certi versi, opachi e indecifrabili.
L’aspetto più evidente è che la crescita e la socializzazione per i figli nati nel nuovo paese avvengono in un contesto socioculturale lontano da quello delle origini, che mette in crisi certezze e modelli di riferimento tradizionali nei genitori.
Differenze rispetto al paese di origine
Nei paesi di origine, le scelte concernenti i piccoli e il compito di proteggerli sono attribuiti a una serie di parenti e adulti in senso esteso. La madre può così gestirsi con maggiore tranquillità perché circondata da persone da cui riceve cure e assistenza.
La situazione di migrazione allontana i genitori dal calore e dall’affetto della comunità di appartenenza, obbligandoli spesso a una genitorialità mai sperimentata, necessariamente ristretta e iper-sensibilizzata.
E’ necessario uno sforzo di adattamento
I genitori, seguendo il modello del paese di accoglienza, nella maggior parte dei casi tentano di compensare l’assenza della famiglia allargata con una presenza più continuativa e totalizzante accanto ai figli, in un difficile sforzo di adattamento a ritmi e attività non usuali.
Per molte madri immigrate, tuttavia, la solitudine e l’isolamento che caratterizzano la maternità della migrazione possono comunque riattivare sensi di colpa e paure di inadeguatezza.
Gli operatori dei servizi educativi possono diventare allora gli altri adulti allevanti, che sostengono la madre e allargano l’orizzonte familiare.
Destreggiarsi tra aspettative contrastanti nell’integrazione socio-culturale
I genitori, nel paese di migrazione, vengono spesso a trovarsi al centro di aspettative diverse, situazione che può creare veri e propri conflitti.
La famiglia rimasta in patria
Da una parte, la famiglia rimasta in patria ha naturalmente aspettative e desideri propri che si esprimono, anche da lontano, attraverso indicazioni, divieti, preoccupazioni.
I servizi e gli operatori
Dall’altra, i servizi e gli operatori possono dare suggerimenti o esercitare pressioni riguardo a diversi temi, in particolare quelli concernenti la salute e l’accudimento dei bambini.
I convincimenti personali
Senza dimenticare i convincimenti personali e familiari, dettati sia da saperi ed esperienze, sia dalle interazioni quotidiane con i piccoli.
Un viaggio che continua
Il viaggio del migrante non si esaurisce con l’arrivo a destinazione. Anzi, è proprio da lì che inizia un’altra parte del viaggio o un percorso completamente diverso che trasforma l’identità della persona.
Mantenere un contatto con le proprie origini
Con l’arrivo dei figli la famiglia migrante deve garantire contemporaneamente la separazione e in qualche modo anche la continuità delle origini.
Il benessere e la costruzione di un’identità stabile per i membri più giovani della famiglia passeranno proprio per la possibilità data loro di mantenersi in contatto con la propria storia familiare e di coglierne il senso.
Differenze tra modelli educativi
La gestione delle differenze tra i modelli educativi proposti dalle diverse culture è un processo che richiede a tutti i membri della famiglia uno sforzo notevole.
Esso non è risolvibile né nella semplice riproduzione dei modelli educativi tradizionali né nell’adesione acritica a quelli proposti dal nuovo contesto di accoglienza.
Le storie delle due generazioni debbono dunque potersi articolare in una dinamica familiare di mantenimento e mutamento.
Differenze di lingue e significati
Il fatto che l’Italia sia ormai diventata un paese multiculturale ci pone di fronte a particolari difficoltà, non soltanto linguistiche.
Ogni cultura, infatti, ha un suo diverso sistema di significati, condivisi e largamente impliciti per coloro che ne fanno parte ma non per chi appartiene a un gruppo culturale diverso.
La diversità può mettere in crisi ruoli e pattern di intervento degli operatori appartenenti a diversi ambiti professionali.
Le difficoltà degli operatori
Non è infrequente che professionisti dei servizi sociali e sanitari, della scuola o della salute mentale, si trovino a operare senza una vera comprensione del significato che parole come “disagio”, “benessere”, “sviluppo del bambino” rivestono per persone appartenenti a una cultura diversa.
Se non si conoscono i sistemi culturali di significati, i valori e le abitudini quotidiane dei pazienti non italiani e delle loro famiglie, gli interventi non otterranno certamente i risultati sperati e il processo di integrazione socio-culturale risulterà molto più complesso.
Il modo più semplice di categorizzare la cultura, pensandola in termini di etnicità, linguaggio e nazionalità, non è sufficiente, perché non insegna come trattare queste differenze culturali.
L’importanza di un riconoscimento reciproco
La via auspicabile per un incontro tra culture diverse, indispensabile per una buona integrazione socio-culturale, è quella del riconoscimento reciproco, possibile solo nel caso in cui si utilizzino modalità, approcci e strumenti adeguati.
Per provare a percorrere questa strada è utile pensare ad un concetto di cultura a tre livelli.
Il primo si riferisce ai modelli culturali che vengono conservati nella mente sotto forma di schemi, script e storie. Il secondo è relativo alle pratiche e alle attività quotidiane culturalmente condivise. Il terzo, infine, rimanda a particolari esperienze relazionali e sociali.
Ogni intervento è del tutto inutile se non si trova il canale culturalmente condiviso attraverso cui ogni nuova pratica può essere capita e accettata.
Scuola e immigrazione
La scuola svolge un importante ruolo nel definire la qualità della vita dei bambini, poiché facilita e organizza sia l’apprendimento di nozioni sia la formazione personale e sociale.
L’adattamento al contesto scolastico costituisce un impegno evolutivo ricco di implicazioni. Una cattiva riuscita si può tradurre in un profondo senso di disagio, in grado di danneggiare l’autostima e promuovere comportamenti a rischio per il benessere e la salute mentale attuali e futuri.
Esigenze di apprendimento specifiche
I bambini stranieri sono alle prese con specifiche esigenze di apprendimento e adattamento, che scaturiscono dal vivere in un contesto culturale non proprio.
Per questa ragione, agli insegnanti sono richieste capacità professionali nuove che consentano di far dialogare le differenze e proporre orizzonti comuni, pur nelle peculiarità delle visioni del mondo.
L’inserimento scolastico
L’inserimento dei figli nei servizi educativi e nella scuola del paese di immigrazione rappresenta per i genitori stranieri un evento importante, che richiede nuove forme di adattamento.
Il fatto che i figli imparino a leggere e a scrivere nella nuova lingua, diventando via via più competenti, è motivo di orgoglio e soddisfazione ma anche causa di timori per la perdita dei legami con la storia familiare.
I genitori possono inoltre sentirsi inadeguati a comprendere determinati contenuti e a rispondervi in maniera corretta, sostenendo il bambino nel labirinto dei nuovi apprendimenti.
La ricerca di un accordo tra famiglia e scuola
L’accordo intersistemico tra famiglia e scuola viene individuato come un importante fattore di tutela del benessere.
Secondo il modello della partnership (Christenson & Sheridan, 2001), obiettivi delle due agenzie educative sono la crescita armonica dell’individuo e la promozione di una migliore qualità della vita.
Tale processo appare favorito dallo sviluppo di un senso di corresponsabilità che si articola attraverso uno scambio comunicativo e un confronto continuo, nonché tramite il riconoscimento del comune ruolo educativo, del supporto reciproco e della formulazione di decisioni.