Cosa si intende per Disturbi Alimentari
Quando si parla di disturbi alimentari ci si riferisce a patologie complesse, determinate da problematiche di tipo psicologico ed emotivo. L’attenzione delle persone che ne soffrono è focalizzata sulla propria immagine corporea, sul proprio peso e sul bisogno di avere un assoluto controllo su questi aspetti.
Pur diffuse soprattutto all’interno della popolazione femminile, queste patologie stanno aumentando anche tra i maschi adolescenti.
L’esordio e il decorso dei disturbi alimentari
Solitamente l’esordio dell’anoressia avviene nella prima adolescenza, quello della bulimia nella tarda adolescenza o nella prima età adulta. Nel corso della vita non è raro che si possa verificare un passaggio da un disturbo alimentare all’altro, o una concomitanza dei due disturbi alimentari.
Il decorso e l’esito sono variabili. Alcune condizioni, le più gravi, possono comportare pesanti impatti sulla salute, compromettendo gli organi e gli apparati del corpo (ad esempio, quelli cardiovascolare, gastrointestinale, endocrino, ematologico, scheletrico, dermatologico).
E’ stata verificata un’elevata familiarità dei disturbi alimentari con i parenti di primo grado, e questo fa pensare a una predisposizione genetica sia per quanto riguarda l’anoressia, sia per quanto riguarda la bulimia.
La diffusione dei disturbi alimentari
I disturbi alimentari– con particolare riferimento all’anoressia nervosa e alla bulimia nervosa – si sono diffusi soprattutto all’interno delle società industrializzate, caratterizzate da abbondanza di cibo e dall’idea che per essere attraenti occorra essere magri.
Il fenomeno è stato amplificato dai media e dal web, che rimandano immagini di perfezione associate all’idea di dover necessariamente corrispondere a tali modelli.
Negli ultimi periodi è stato soprattutto internet a contribuire alla diffusione di questi pattern culturali anche all’interno di culture in cui il cibo non è così abbondante; i disturbi alimentari sono in questo modo diventati comuni, ad esempio, anche tra gli immigrati provenienti da paesi in cui queste patologie erano rare.
L’anoressia
Si tratta del disturbo alimentare più conosciuto. Le persone che ne soffrono rifiutano, in modo più o meno grave, di alimentarsi. Il fine è quello di mantenere un ferreo controllo sul peso e – più in generale – un controllo totale del corpo e delle sue funzioni.
Si verifica anche una distorsione dell’immagine corporea: questo fa sì che possano venire negate l’eccessiva magrezza e la debilitazione fisica. Allo stesso modo, vengono negate la fame e la stanchezza.
Le attività di fitness, praticate ossessivamente, hanno anch’esse lo scopo di controllare il proprio peso. L’amenorrea è spesso una conseguenza di questi comportamenti.
Si tratta di condotte che mettono a repentaglio la salute dell’individuo con il rischio, nei casi più gravi, di provocarne la morte.
L’esordio della malattia è spesso associato a un evento stressante, come un conflitto familiare o l’esperienza di una perdita.
Gli stati affettivi collegati al disturbo possono comprendere sintomi di depressione, ansia e vergogna. L’ansia si può frequentemente manifestare con fobia sociale e sintomi ossessivo-compulsivi, correlati o meno al cibo.
Le pazienti anoressiche, inoltre, si vergognano della forma del loro corpo e possono presentare un calo dell’interesse sessuale.
Per quanto riguarda i pattern cognitivi, essi comprendono una rigidità del pensiero e distorsioni nella percezione del proprio corpo o della propria immagine corporea. Nei casi più gravi, questa distorsione può essere tale da compromettere l’esame di realtà.
I pazienti anoressici, inoltre, presentano in molti casi tratti narcisistici, perfezionismo, tendenza all’autocritica e all’ascetismo.
A livello terapeutico, è fondamentale adottare un approccio multidisciplinare in cui sia presente un buon coordinamento tra gli operatori che si occupano del corpo e quelli che si occupano della psiche.
Allo stesso modo, è importante coinvolgere nel trattamento anche il contesto relazionale familiare all’interno del quale si è manifestato il disturbo. Una delle possibili soluzioni è affiancare terapia individuale e terapia familiare.
La bulimia
La bulimia è caratterizzata da abbuffate compulsive, durante le quali si ha una sensazione di grande perdita di controllo che viene poi riequilibrata attraverso il vomito autoindotto o tramite l’utilizzo eccessivo di lassativi e diuretici.
Il controllo sul corpo, nei pazienti bulimici, viene dunque perseguito con comportamenti differenti rispetto a quelli adottati dai pazienti anoressici.
I pazienti bulimici – differenza di quelli anoressici che in genere mostrano poco interesse per il sesso – sono coinvolti più frequentemente in comportamenti sessuali impulsivi, che aumentano il rischio di malattie a trasmissione sessuale e gravidanze indesiderate.
Nelle pazienti bulimiche, infatti, la mancanza di controllo nel comportamento va spesso oltre l’ambito alimentare, e può comportare autolesionismo e dipendenza. Tutto ciò è spesso all’origine di sensi di colpa e di vergogna.
Le relazioni dei pazienti bulimici tendono a essere instabili: essi possono soffrire nel sentirsi abbandonati o provare angosce da intrusione. Se perdono una persona importante si sentono facilmente indegni e inutili, e possono esprimere la rabbia con agiti autolesivi.
La bulimia può comportare pesanti conseguenze di tipo medico, derivanti sia dalle abbuffate sia dalle condotte compensative che le seguono. Il vomito frequente e l’abuso di lassativi e diuretici possono indurre scompensi dell’equilibrio elettrolitico, i quali – a loro volta – possono compromettere cuore, reni, cervello. Il vomito ripetuto e l’esagerato utilizzo di lassativi possono inoltre provocare gastriti, esofagiti, emorroidi. Il ciclo mestruale può diventare irregolare.
Anche lo smalto dentale può risentire pesantemente del vomito: i denti finiscono per scheggiarsi facilmente e aumenta la frequenza delle carie.
Il Disturbo da Binge-Eating
Si parla di Disturbo da Binge-Eating come disturbo del comportamento alimentare a sé stante a partire dall’ultima edizione del Manule Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-V).
Il primo dei criteri per definirlo è la presenza di ricorrenti episodi di abbuffata, che devono verificarsi almeno una volta a settimana per tre mesi. Si può definire l’abbuffata come il mangiare in un determinato periodo di tempo una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso periodo di tempo e in circostanze simili.
Si tratta di un comportamento solitamente impulsivo, che solo di rado viene programmato. Una delle sue caratteristiche è la sensazione di perdita di controllo che comporta (ad esempio, l’incapacità di smettere di mangiare), con il disagio che ne consegue .
Nonostante i primi momenti dell’abbuffata siano di solito piacevoli, le emozioni prevalenti in coloro che soffrono di questo disturbo sono negative: senso di colpa, vergogna, autosvalutazione, disgusto verso se stessi, depressione, perdita di speranza. Recenti studi evidenziano un’elevata comorbilità del disturbo da binge-eating con altri disturbi quali depressione, disturbi d’ansia, obesità e disturbi del controllo degli impulsi.
Di solito vengono ingeriti cibi “cattivi”, come grassi e carboidrati, anche se gli episodi di binge-eating sono contraddistinti – più che dalla qualità dei cibi – dalla quantità di alimenti che viene assunta senza, peraltro, sentirsi realmente affamati. La abbuffate di solito avvengono in solitudine: le persone che soffrono di questo disturbo cercano di tenerlo segreto ai familiari, e spesso ci riescono anche per lungo tempo.
Le abbuffate possono avere lo scopo di allontanare l’attenzione dell’individuo da emozioni negative intollerabili, rivelando l’assenza di adeguate modalità per far fronte alle difficoltà quotidiane.
Tuttavia le abbuffate possono fornire un sollievo solo a brevissimo termine, finendo poi per peggiorare la situazione e aggiungendo alle difficoltà già in essere ulteriori problemi emotivi.
Naturalmente, dal punto di vista terapeutico, è fondamentale comprendere i motivi specifici alla base di questo disturbo.
La paura di affrontare un cambiamento
Molte delle persone che soffrono di un disturbo dell’alimentazione hanno scarsa consapevolezza del problema.
I comportamenti adottati – come le diete ferree, le abbuffate, l’utilizzo di lassativi o del vomito – vengono frequentemente considerati modi per affrontare i propri problemi anziché sintomi di un disturbo.
Questo perché i disturbi dell’alimentazione impegnano così tanto la mente delle persone che ne soffrono da illuderle di riuscire a tenere a distanza le altri preoccupazioni della vita.
Questa è la ragione per cui le persone che soffrono di disturbi alimentari tendono a non domandare aiuto o addirittura a rifiutare un approccio di tipo terapeutico, in particolar modo nelle prime fasi della malattia.
Se desiderate intraprendere una terapia guidata da una psicologa psicoterapeuta la Dott.ssa Cristina Rossi riceve nel suo studio privato nel centro di Genova, o via Skype da casa vostra.