L’approccio Cognitivo-Comportamentale
L’approccio cognitivo-comportamentale nasce negli anni ’60 del secolo scorso con Albert Ellis (1962) e Aaron T. Beck (1964).
Secondo questa teoria, le rappresentazioni mentali del paziente (credenze, pensieri automatici, schemi mentali) possono spiegare i diversi tipi di disagio psicologico e il loro perdurare nel tempo.
Gli autori che fanno riferimento ad essa sottolineano la complessa relazione esistente tra emozioni, pensieri e comportamenti.
L’idea di base è quella che i disturbi emotivi e del comportamento siano principalmente il risultato di credenze disfunzionali e di schemi di pensiero disadattivo che si mantengono nel tempo.
Infatti, nonostante la sofferenza che essi gli provocano, il paziente non riesce a modificarli a causa di determinati meccanismi di mantenimento che rendono l’operazione difficile.
Secondo questo punto di vista non sarebbero quindi gli eventi esterni, bensì le strutture e costruzioni cognitive dell’individuo, a dare origine e a mantenere i problemi di tipo psicologico, emotivo e comportamentale.
L’approccio seguito dalla Psicologa Dott.ssa Rossi a Genova è quello psicodinamico/psicoanalitico.
Gli obiettivi della terapia Cognitivo-Comportamentale
I pazienti, durante la psicoterapia, vengono dunque portati a individuare i pensieri ricorrenti che li tormentano e i ragionamenti che li portano a interpretare la realtà in un certo modo (di cui spesso, peraltro, non sono consapevoli), al fine di modificarli e sostituirli con convinzioni più funzionali.
Gli obiettivi della terapia, una volta definiti, sono condivisi nel modo più chiaro possibile con il paziente; successivamente, nel corso del tempo, vengono monitorati e valutati i cambiamenti sintomatologici – anche attraverso l’utilizzo di test e questionari.
Dunque, psicoterapeuta e paziente collaborano inizialmente per comprendere in quale modi i pensieri, i comportamenti e le emozioni entrano in gioco nelle situazioni di malessere, e successivamente per modificare ciò che di maladattivo e disfunzionale rende più difficoltoso e meno efficace l’adattamento dell’individuo alla realtà.
Il paziente viene stimolato a produrre pensieri e modalità creative, alternative a quelli che è da sempre abituato a utilizzare; a sperimentare comportamenti differenti dai soliti; a praticare tecniche finalizzate alla regolazione delle emozioni.
Gli esercizi vanno praticati anche durante la settimana, nell’intervallo tra una seduta e l’altra, come in una sorta di “compito a casa”.
Le origini dell’approccio cognitivo-comportamentale
Per quanto riguarda le origini di questo approccio, il nome stesso suggerisce che occorre far riferimento a una duplice matrice: il comportamentismo e il cognitivismo.
Comportamenti e cognizioni appaiono qui estremamente correlati.
La terapia comprende pertanto tecniche più propriamente definite comportamentali e altre che hanno maggiormente a che vedere col versante cognitivo.
Le tecniche comportamentali
Nell’applicazione delle tecniche comportamentali il sintomo, più che essere indagato nel profondo, viene trattato in quanto comportamento attraverso il quale si manifesta la patologia.
Tra le modalità terapeutiche utilizzate si può ricordare il controcondizionamento, che si basa sull’estinzione di una risposta a un determinato stimolo per mezzo di un nuovo condizionamento che associa lo stimolo a una risposta incompatibile alla precedente.
In particolare, con la – utilizzata in particolare per i disturbi fobici – si chiede al paziente, in cui è stato indotto uno stato di rilassamento muscolare, di immaginare una serie di situazioni che gli provocano ansia, così che il rilassamento possa inibirla; le scene vengono proposte in ordine crescente di intensità, in modo da poter tornare a quella precedente nel caso in cui subentri l’ansia. L’acquisita capacità di tollerare l’immagine stressante dovrebbe poi contribuire a ridurre l’ansia anche nella vita reale.
Le tecniche cognitive
Per quanto riguarda la parte più strettamente cognitiva, i metodi utilizzati sono volti ad aumentare la capacità di prendere le distanze dal problema, decentrandosi da esso. Le tecniche di ristrutturazione cognitiva si pongono l’obiettivo di rivedere e riformulare le convinzioni che regolano lo stile adottato dal soggetto nei confronti del suo problema. Tra queste, si possono ricordare:
- la tecnica di ristrutturazione razionale-sistematica, che dopo aver identificato il ruolo delle convinzioni irrazionali, si propone di modificarle;
- la tecnica del problem solving, il cui fine è quello di incentivare lo sviluppo di strategie generali che aiutino ad affrontare situazioni problematiche con nuove modalità, dotate di maggiore efficacia;
- le tecniche di modificazione immaginativa, attraverso cui i pazienti vengono “addestrati” ad abbandonare le fantasie ansiogene sostituendole con altre più piacevoli.